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Visualizzazione dei post da aprile, 2025

The Misfits, John Houston, 1961

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La sensibilità sottopelle di Marilyn, la sua malinconia trasformata in tristezza, in alcuni sguardi, a volte pieni di amore, altre rivolti chissà dove. La quasi tangibile necessità di una figura maschile, da cui essere capita e da cui essere amata. Il suo mondo interiore racchiuso in un corpo e in una figura che gli uomini difficilmente riescono ad oltrepassare, come fosse quella la vera frontiera, per arrivare a ciò che si cela al suo interno. In un certo modo John Houston ce ne rende la fulgida essenza, che finisce per permeare l’intero film, anche se in un paio di inquadrature anche lui si perde sul fondoschiena di Marilyn, fasciato da jeans attillati, mentre sobbalza su un cavallo o in un suo movimento ipnotico mentre dondola quasi impazzito all’interno di un bar. La sessualità è l’evidenza, la femminilità il mistero. Intorno a lei girano tre figure maschili. Clark Gable, vecchio cowboy, dal fascino maturo e rassicurante. Eli Walach, meccanico e amico di Clark, il primo a mettere g...

Adolescence, Philip Barantini, 2024

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È un mondo alieno eppure ci circonda, quello degli adolescenti (inglesi? Di ogni nazione?), con un loro alfabeto, i codici, i segni e i gesti di riconoscimento, un mondo in cui la tecnologia distrae dal reale (e cosa è reale oggi?) e crea nuove forme di comunicazione e dipendenza, territori inesplorati e pericolosi, dove si rischia di perdersi e smarrirsi, in un labirinto percettivo e cognitivo di cui non si conosce ancora la mappatura precisa (sempre ammesso che possa esistere), perché in continuo cambiamento ed evoluzione. Un mondo dal quale gli adulti sono esclusi, che osservano o vivono dai margini di silenzi e brevi conversazioni, di cui cercano di interpretare segnali o parole, che diventano, anche per i più attenti, solo interferenze nei loro cicli quotidiani, rumore bianco, disturbo di una stabilità sociale che si basa su una concezione e una conoscenza differente (da quella dei ragazzi) di ciò che hanno intorno (e dentro). In questa dimensione fisica e psichica instabile, i...

Ripley, Steven Zaillian, 2024

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  La luce, sempre la luce. Come nei quadri di Caravaggio, di cui ricorrono i capolavori, a Napoli e a Roma, all’interno della trama, non solo come fonti di ispirazione estetica ma anche di carattere narrativo e simbolico, la violenza dell’uomo, le sue azioni, la sua conflittuale natura.  La luce e la fotografia. Stupenda, raffinata, magnetica, ad opera di Robert Elswit. La ricercatezza formale di ogni singola inquadratura di Ripley è sorprendente. Il bianco e nero realizzato anche. Le geometrie delle composizioni, la cura dei dettagli, i contrasti, le ombre, i richiami del cinema noir degli anni quaranta.  Steven Zaillian trasforma il romanzo originale di Patricia Goldsmith in una lezione sull’arte cinematografica e pittorica, coniugando le possibilità della macchina da presa a quelle di uno stile impeccabile, capace, tra le altre cose, di darci singolari squarci di alcune famose città italiane, oltre a Napoli e Roma anche Venezia e Palermo, che forse stavano solo aspe...