One battle after another, Paul Thomas Anderson, 2025
Saranno gli impulsi sessuali, le erezioni, le ficheselvagge, a far detonare le istanze radicali (e poi quelle reazionarie) che porteranno alle bombe, alle esplosioni, alle incursioni nei campi di prigionia degli immigrati, con la folle idea che il mondo possa cambiare e che l’azione violenta (o il cazzo di qualche uomo) sia la leva giusta sulla quale spingere per farlo. Finito l’orgasmo bombarolo, prosciugata l’estasi del gesto anarchico, le maree dell’insurrezione si ritirano nei recessi delle proprie sconfitte, nei programmi di protezione, nelle spiate sui vecchi compagni, nelle fughe, nel paranoico limbo dell’erba, nelle false identità. Sbiadito l’ardore giovanile, ci si dimentica di chi si è stati, non si ricordano più i vecchi slogan o si ripetono in una pantomima del passato, le frasi in codice sono annegate nell’alcol o nel vuoto mnemonico lasciato dal passaggio di varie sostanze psicotrope e quello che Paul Thomas Anderson sembra mettere in scena, rielaborando liberamente...