Permanent Vacation, Jim Jarmush, 1980
Quella del drifter è una vita affascinante, un approccio erratico all’esistenza, che Jarmush, nella sua prima opera, trasforma anche in uno stile filmico personale e ipnotico. Serie di brevi sequenze si sommano, bizzarri incontri e strambi personaggi si alternano nei vagabondaggi del giovane Aloysious Parker, in una New York sporca e bombardata da aerei invisibili, tra vicoli, stanze squallide e spoglie, polverose sale cinematografiche e ricoveri per malati di mente. È un’umanità sul limite di un baratro psichico quella mostrata da Jarmush eppure piena di vitalità, fuori da ogni schema, in una deriva che solo lo spostarsi da un luogo a un altro, quando le cose e le situazioni iniziano a ripetersi, può permetterci. È simile ad essere un turista in una vacanza permanente, come ci suggerisce il titolo. Il non avere appigli e sicurezze riduce le nostre ambizioni e il solo vivere e il riempire il tempo con quello che più ci piace dà il senso del nostro scorrere e delle nostre azioni. Un na...