La Grande Abbuffata, Marco Ferreri, 1973
C’è una deriva infantile nella sessualità dei quattro protagonisti de La Grande Abbuffata: Ugo, Michel, Philippe e Marcello. Che oltre a essere simboli della società borghese dell’epoca sono anche archetipi di una libido maschile ludica e dissacrante. Il piacere edonistico, giocoso e senza tabù, viene sublimato dalle abbondanti e materne forme di Andrea, la quale, in un misto di pietà e accondiscendenza carnale, accompagnerà i quattro amici verso il loro suicidio gastronomico. La ricchezza dei cibi, delle portate, pieni di colori e fantasia si scontra con i freddi e algidi esterni della villa parigina dove questi uomini decidono di mettere in scena la loro morte. All’interno dell’abitazione si partecipa ad un teatro della crudeltà gastrointestinale, con costumi e stanze a tema, dove il culto del cibo alimenta performance votate ad un sublime masochismo viscerale. Sembrano non esserci rimorsi o sfondi morali per questa scelta di annichilimento corporeo, contornata dai ruggiti del mo