Una giornata particolare, Ettore Scola, 1977


 
C’è una intimità nelle immagini di Una giornata particolare che trascende qualsiasi ricostruzione storica e ci trascina nel cuore dei due protagonisti e in ciò che in esso si cela. Entrambi sconfitti e umiliati dalla società italiana dell’epoca, 
Antonietta e Gabriele, finiscono per rispecchiarsi l’una nell’altro in un incontro che porterà alla luce, alla visibilità, le ferite di due anime, a cui è stata proibita qualsiasi possibilità di essere se stesse.

L’omosessualità come malattia, degradazione maschile e vergogna pubblica - La preziosa sequenza in cui la macchina da presa si avvicina a Mastroianni, mentre sta parlando al telefono e lentamente lo avvolge, come in un abbraccio, per lenirne la tristezza e renderla più sopportabile, per poi allontanarsi e riportarlo nella sua solitudine, nell’appartamento/gabbia nel quale è stato costretto a vivere.

Sono gli ambienti, gli interni, a delimitare e costruire le dinamiche degli incontri fra Gabriele e Antonietta, il loro scoprirsi e giocare, il loro svelarsi, i gesti di Sophia Loren che si ravviva i capelli davanti allo specchio o che si infila le calze sono una gemma di seduzione ormai dimenticata, forme di erotismo quasi intangibili eppure così intense, nel mostrare la femminilità che questa donna si è sempre negata, rinchiusa in un ruolo di moglie&madre imposto da altri, fino a quando Gabriele le darà l’occasione, con la sua sensibilità e intelligenza, di verbalizzare per la prima volta la sua condizione di donna sottomessa ai voleri di un maritopadrone (impossibile per chi scrive dissociare John Vernon dal preside del college di Animal House) a cui tutto è sempre e comunque dovuto, dal caffè alla mattina alla voglia di scopare alla sera.

Nell’unico spazioaperto (se si esclude il cortile) del caseggiato, la terrazza, Antonietta e Gabriele si spoglieranno, per poco, delle loro identità per ritrovarsi uniti in una dimensione inaspettata, quella di una vicinanza fisica ed emotiva libera da qualsiasi (pre)giudizio.

Costantemente assaliti dalle parole della radio, una voice-over invadente e onnipresente che prefigura l’insopportabile presenza dei mezzi di comunicazione intorno a noi (non solo come fastidio ma anche come strumento di controllo), i due protagonisti si lasciano trasportare dalla gioia e dalla malinconia di una giornata irripetibile, non solo per la Storia e la sua degenerazione, ma soprattutto per quello che è vivo e reale e brucia sotto la pelle, quando diventano gli altri, travestiti da giusti, a dirci cosa fare, calpestando così l’insita meraviglia che ogni esistenza contiene al suo interno.

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