Passing, Rebecca Hall, 2021

 


Passando. Da una identità a un’altra. In un giorno in cui la luce risplende per le strade e i (mono)cromatismi delle immagini sono sussurri visivi. E poi lenti spostamenti interiori. La verità, qualunque essa sia, è sotto la pelle, agli angoli della bocca, nei movimenti degli occhi. Traiettorie di sguardi. La danza dei sentimenti non segue il sincopato ritmo della musica jazz che si ascolta nei locali, fra alcol e sigarette, si esprime in un altro tempo, misterioso e sinuoso, ne riconosciamo i passi, i gesti, fino a quando si impossessano di noi e non possiamo più tirarci indietro. La gelosia. E i suoi giochi. Gli scatti d’ira, le parole inappropriate, le paure. I silenzi che si riempiono di dubbi. Questo avviene in un luogo pieno di sfumature, un luogo spesso non visibile perché è dentro di noi, ma la regista, Rebecca Hall, riesce con raffinato pudore a ricostruirlo sulla scala dei bianchi e dei neri, con il nascere e il trasformarsi delle emozioni che sono i volti delle attrici (Tessa Thompson e Ruth Negga) e i primi piani con i quali vengono ritratti, a esprimere. E così anche gli ambienti, la città stessa di New York diventano sinonimi di questa interiorità, dove si manifestano le inquietudini e le relazioni di un legame femminile minuziosamente descritto.

Passaggi di epidermidi, contatti, maschere razziali e lo sfondo storico di una società in cambiamento, la borghesia nera di Harlem, le dinamiche inconciliabili che ogni coppia conosce e deve sfidare, l’educazione dei propri figli passerà anche per la perdita della loro innocenza, una donna e le sue sfaccettature, madre, amica, moglie, la neve nelle strade e il suo candore, la luce che filtra fra le foglie degli alberi quando vorremo che la vita fosse tutta lì, i giorni che smarriremo nel ricordo di amicizie perdute, un corpo immobile prima che ogni cosa torni a muoversi di nuovo.


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