Viaggio in Italia, Roberto Rossellini, 1954
Viaggio in Italia comincia come un road movie atipico, con Ingrid Bergman (Katheryn) al volante di una macchina, quasi a suggerire che sia lei, una donna, a condurre la vita di coppia, poi è il marito che si mette alla guida, per noia, questa è solo la prima delle tante allusioni che andranno a superare la letterarietà di immagini e parole per farci immergere nella psiche dei personaggi fino a svelarne dissidi interiori e conflitti.
E’ quasi completamente costruito sul non detto, questo film, sul simbolico, sull’assenza di qualcosa che i due coniugi non riescono ad ammettere, sul possibile fallimento di un rapporto, che dopo quasi otto anni di matrimonio, potrebbe giungere alla sua conclusione. La mancanza di contatti fisici e quasi sicuramente di una intimità sessuale è il centro di una insoddisfazione, soprattutto per Katheryn, che i due cercano di aggirare e negare senza riuscirci, lei con un idealismo sentimentale e lui con un pungente sarcasmo. I loro corpi sono perennemente coperti, i coniugi dormono separati, la crescente frustrazione di Katheryn si tramuta in una insofferenza sfumata di odio verso il marito, senza mai ammettere, prima di tutto a sé stessa, la presenza di un desiderio che le si muove dentro.
E allora Rossellini compone una prodigio retorico all’interno della sua regia, mostrandoci alcune delle opere (statue e calchi) e dei luoghi (l’antro della Sibilla, i musei) del patrimonio classico partenopeo con un doppio significato, non solo didattico ed esplicativo ma squisitamente allegorico. Ciò che è negato alla coppia risplende quindi nella bellezza dell’arte greco-romana e nelle sue storie, come quelle degli amanti trovati abbracciati e immortalati per sempre dalla lava a Pompei o dei saraceni che si divertivano nel legare le proprie prigioniere prima di servirsene per i loro piaceri - Le statue, con le loro linee e forme, parlano di erotismo e Napoli, come città, si esprime soprattutto in termini di sensualità, di calore, di sangue che pulsa nelle vene, di una esperienza della vita che sono i sensi a svelare e che i due inglesi sembrano aver dimenticato, rinchiusi nella loro freddezza formale, di comportamenti e gesti codificati, dove gli impulsi sono imprigionati e le massicce dosi di alcol che i due assumono non fanno esplodere ma solo offuscare.
C’è dentro Katheryn e Alex questo bisogno, questa brama profondamente umana di essere amati, di sentirsi voluti, fosse anche attraverso una menzogna, perché è nell’amore fisico che si sublima quello spirituale e nelle torture, nel tormento che l’altro ci infligge la dolce presenza di ogni carezza mai data.
Commenti
Posta un commento