Im Keller, Ulrich Seidl, 2014


 

Stranezze, bizzarrie e ossessioni dal sottosuolo. Pitoni in teche di vetro, bambolotti dalle sembianze di neonati in scatola, cimeli nazisti, dungeon per estimatori del sadomasochismo, poligoni di tiro, minivasche per nuotare, minibar, salette musicali, teste di animali impagliate e attaccate alle pareti, playroom. Nei propri scantinati, uomini e donne, danno sfogo ai loro desideri, di qualunque natura essi siano. Lo sguardo di Ulrich Seidl è algido, freddo, oggettivo, formalmente impeccabile, penetrante, geometrico. Ogni inquadratura è un piano fisso che ritaglia una porzione dello spazio privato dell’intimità e della vita di alcune persone. Quello che vediamo potrebbe scioccare o provocare strane reazioni, dipende dalla nostra educazione e da quali siano i nostri valori morali.  Sesso e nazismo sono due argomenti tabù in Austria, soprattutto nelle zone cattoliche e conservatrici. Non mancano infatti crocefissi e rosari vari disposti sulle pareti delle stanze di alcuni scantinati. Ciò che l’ordine apparente delle case, delle strade, della vita del mondo superiore tenta di controllare, trova le sue radici più profonde per esprimersi al di sotto di esso, dove nessuno guarda, nessuno giudica. Rimane quindi la libertà di fare ciò che si vuole in privato, nel perimetro delle proprie decisioni e tendenze, fossero anche quelle di farsi rinchiudere in una gabbia o di farsi legare e frustare. Personalmente ho praticato il bdsm con grande spirito di scoperta e sperimentazione e fra tutte le possibilità mostrate del film avrei scelto la playroom per le sessioni sadomasochistiche. Mi sono trovato d’accordo con la donna a cui piaceva farsi sculacciare, perché è vero, la mente si libera nella sofferenza fisica del corpo ed è una fra le esperienze più sublimi, quella di trascendere il dolore della carne per arrivare in un luogo molto simile ad uno stato meditativo. E mi sono trovato anche d’accordo con la donna dominante quando parla del rapporto con il suo marito schiavo, di cui ho totalmente capito gioie e sofferenze e soprattutto le gioie attraverso le sofferenze del suo ruolo. Torture comprese. Coglioni tirati, pulizie del cesso, umiliazioni verbali e fisiche, castità, orgasm control. Al di là dei giochi che due adulti consenzienti possano fare rimane il totale abbandono nelle mani di una persona che si ama e a cui ci si affida, se è il nostro partner. Non solo nell’aspetto sessuale, naturalmente, che non può esistere, nella vita di coppia, se non come complemento e manifestazione di qualcosa di più intimo e profondo. Ho trovato sempre il rapporto di dominazione-sottomissione tra donna e uomo nel campo del bdsm come l’esempio più sincero di quello che poi è l’istituzione del matrimonio, spogliata di tutte le sue farse, meschinità e ipocrisie. Una schiavitù reciproca. 

Il cinema di Ulrich Seidl sembra portarci in quelle interzone in cui si nascondono i tasselli che male si inseriscono nel quadro di una società funzionante e funzionale. E che dunque ne mostrano la vera condizione. C’è inadeguatezza a volte, timore e confusione negli occhi dello spettatore. Ma non è detto che la felicità risieda in ciò che, oltre la superficie del mondo e delle sue futili cose, ci hanno insegnato a credere tale.

  

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