The Wolf of Wall Street, Martin Scorsese, 2013


 
Ci sono le droghe, perché a Wall Street senza di loro non si può fare un cazzo, la più usata è la cocaina, perché i ritmi sono frenetici e bisogna sempre essere al massimo delle prestazioni, bisogna anche farsi un paio di seghe al giorno, come suggerisce Mark Hanna (nella geniale interpretazione di Matthew McConaughey), mentre si scola un vodka e martini in un ristorante all’ora di pranzo e racconta le sue teorie a Jordan Belfort, che le droghe le amerà, in seguito, quasi come i soldi e il sesso. 

Siamo lontani dalla visionarietà postmoderna di Cosmopolis, nessuna trascendenza è possibile mentre si guardano i grafici dell’andamento della borsa, è puro caos dal quale tirare fuori soldi. Poi c’è il quaalude, che ormai non è più in commercio e J. Belfort dice che ci siamo persi un grandissimo sballo e dobbiamo proprio credergli, visto gli effetti durante i suoi party selvaggi organizzati in aereo, ufficio, albergo, casa. Droghe e soldi e troie, perché le donne che gravitano intorno a questi uomini conoscono un solo dio, il denaro, che si materializza nella forma rettangolare di una carta di credito. E Scorsese, in un altro stupefacente viaggio nel cuore degli Stati Uniti, un cuore che ha come simbolo quello del dollaro, come era già successo in Casino e Goodfellas, ci porta a spasso in questo mondo allucinato, così perversamente illusorio, perché ogni cosa che il denaro può comprare è solo un semplice quanto inutile inganno e lo fa con lo stile e l’energia di sempre, iniettando coca e testosterone nella sua macchina da presa, in un incipit vertiginoso per la sua potenza e velocità (le botte tirate direttamente dal culo di una troia, la semplice quanto inarrestabile costruzione di un impero della menzogna) che ci scaraventa direttamente tra le parole di J.B. che ci racconta come in poco tempo è riuscito ad accumulare milioni di dollari. Perché ogni montagna di denaro cresce e si sviluppa sulla stupidità di altri uomini, sui loro avidi sogni di ricchezza, è sempre la stessa squallida storia, creare un bisogno, alimentarlo di cazzate, arrivare alla fiducia della gente e quindi al loro portafogli e diventare milionari così, perché altri ti danno i loro soldi credendo alle cazzate che racconti. E J.B, mostrando ai suoi compari come fottere il prossimo, mimando durante una telefonata, con gesti inequivocabili, il movimento di un cazzo che ti entra su per il culo, sintetizza l’essenza del suo credo personale. Questo si chiama fare soldi e negli Stati Uniti sono così tante le occasioni che sembrerebbe da folli non afferrarle. 

Parvenze di moralità mascherate da agenti del FBI, un concetto di giustizia che non può competere con il cuore stesso del Paese che cerca di regolare, i pensieri nascosti eppure evidenti dell’agente Patrick Denham mentre torna a casa in treno, accanto a lui persone comuni, perse nelle loro miserie quotidiane, l’onestà nella vita a cosa mi ha portato? Perché non c’è scelta etica che sembra competere con le feroci fantasie che il denaro mette a disposizione, perché la vita che ci hanno mostrato quanto più simile a quella degli dei è fatta di sostanze proibite, fiche sorridenti, macchine, case immense, yacht, vestiti costosi, gioielli. E in nome di queste divinità si è pronti a sacrificare la propria umanità e allora oltre il fottere e farsi fottere e l’infinita ricerca di forme di piacere sempre più estreme (farsi infilare una candela accesa nel culo in attesa delle frustate e sussurrare nella notte il nome di chi ti ha fatto questo, sballi sempre più caotici, orge e abusi di ogni tipo) non c’è nulla, assolutamente nulla. Jordan Belfort (un immenso Leonardo di Caprio) è solo un altro tossico (la sequenza in cui è sotto le allucinazioni prodotte dal quaalude è strabiliante) che si aggira famelico (wolfie) nella vita, pronto a sbranare tutti e sembra essere questa l’unica strada per raggiungere i propri demoni e anche se ogni cosa è destinata a crollare non ha importanza, l’unica volontà è quella che spinge a far durare tutto questo delirio materialistico il più a lungo possibile (come per Henry Hill in Goodfellas) e la gente, il popolo, è sempre lì, seduto ed obbediente, vendimi questa penna dice J.B. ad un pubblico di pecore che non vedono l’ora di trasformarsi in lupi, perché è solo sulla miseria del tuo prossimo che il tuo impero di merda dorata potrà diventare reale.

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