Una storia moderna - L'ape regina, Marco Ferreri, 1963

 


Su vieni Alfonsino, vieni se vuoi - dice Regina (Marina Vlady) a suo marito (Ugo Tognazzi), sdraiata sul letto, Fererri incornicia il volto dell’attrice in uno splendido primo piano e il senso di queste parole è puramente sessuale, il povero Alfonso saranno settimane che non scopa e chissà quando avrà avuto il suo ultimo orgasmo. Una volta rimasta incinta, Regina, perde molta della sua carica erotica, nega il suo corpo al coniuge e si concentra sulla sua gravidanza. Poi quando il figlio nascerà il padre sarà bello che morto. 
La visione della coppia, del matrimonio e soprattutto della natura femminile, da parte di Ferreri, è di una atroce e spaventosa lucidità. L’orrore della vita familiare, di quella insegnata e auspicata dal cattolicesimo e dalla chiesa è agghiacciante, quella gabbia soffocante di sentimenti e desideri repressi, inconciliabili fra uomo e donna, perché gli uni e gli altri sono universi talmente distanti che solo un perverso e crudele inganno (la procreazione) gli ha dato l’illusione di essere complementari. Qui la donna divora l’uomo, se ne nutre, ne succhia via la linfa vitale per cibarsene e riprodursi. Spogliata di tutte le ipocrisie sociali e morali dettate dal bigottismo cattolico rimane una lotta per la sopravvivenza in cui la donna trionfa in tutta la sua bellezza e perfidia.
Ferreri lavora principalmente su ciò che non si vede, su tutto quello che è tenuto fuori campo, specialmente nella camera da letto, in cui si può solo immaginare cosa succeda, come se il sesso fosse invisibile e in effetti all’epoca lo era ed eravamo all’inizio degli anni sessanta e di lì a poco i costumi sessuali degli italiani avrebbero iniziato a modificarsi, soprattutto fra i più giovani. Di antichi valori come la verginità  e la monogamia non gliene sarebbe fregato più niente a nessuno e meno male aggiunge con un sorriso chi scrive. La santa a cui è devota Regina è una barbuta, che prefigura così l’opera successiva di Ferreri, La donna scimmia.

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