Lost Highway, David Lynch, 1997
Un altro non-luogo che non può non esistere se non nella mente del regista. Lost highway. Strade perdute della memoria. Perché i ricordi siano quelli che noi vogliamo e non esattamente la copia mnemonica di ciò che è realmente accaduto. Sdoppiamenti di personalità e filmini pornografici. Con il volto gigante di lei che ti guarda mentre si sta facendo scopare da dietro. Brucia il desiderio e quel misto di eccitamento e frustrazione. Lei ti dice cosa fare e in un modo o nell’altro ti porterà dalla sua parte. Una seduzione dolce e avvolgente e rischiosa. Patricia Arquette va a prendere il giornale della mattina in vestaglia e tacchi alti. Trova una videocassetta. Bill Pullman suona il sax in un club come se stesse eiaculando, peccato che al letto il suo strumento non abbia la stessa potenza e intensità. Gli interni, i colori desaturati delle pareti, il design del subconscio, le stanze allineate di un incubo in un hotel nel deserto. Riverberi di luce elettrica da dietro le porte. Braccia
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