Ane, David Peréz Sañudo, 2020


La A di Ane, nel nome scritto sulla porta della sua camera, è diventata quella che simboleggia l’Anarchia. La ragazza sta crescendo e nella confusione dell’adolescenza sembra aver trovato una via, che passa attraverso i centri sociali e le azioni sovversive. La mattina presto, davanti ad un piatto con una tostada, Lide, sua madre, dopo una notte passata a bere&ballare, aspetta la figlia che non è ancora tornata. Il silenzio della casa, il vuoto di una sedia.

Sarà la prolungata assenza di Ane a mettere Lide in uno stato di agitazione emotiva e a farle iniziare un’indagine personale nel tentativo di ritrovarla. La pellicola si tinge quindi di sfumature noir sotto i plumbei cromatismi dei Paesi Baschi, ci si muove non solo in frammenti di società in cui aleggia sempre un senso di disadattamento e ribellione (agli stereotipi, alle istituzioni, al lavoro) ma anche in territori più interiori in cui prendono forma le incertezze, le ansietà e le paure di una madre che nella separazione dalla propria figlia scopre quanto poco sappia di lei, della sua vita, di ciò che stia facendo. Conflitti generazionali, dunque, ma anche interpersonali, con Leda che si riavvicina al padre di Ana solo per il periodo in cui la ricerca della ragazza diventa per lei un’ossessione quasi insostenibile, poi ognuno continuerà sulle proprie strade divise. L’incomunicabilità, anche, o meglio il bisogno di trovare un modo di comunicare fra adolescenti e adulti o forse nulla di tutto questo perché ognuno segue il proprio camino attraversandone tutte le contraddizioni ed essere arrabbiati e volere cambiare le cose in atti di rivolta costante è un percorso pericoloso, soprattutto se si comincia molto giovani, in un periodo in cui la rabbia può deflagrare come una bomba, metaforica e non.

Sullo sfondo i cantieri per la costruzione di una ferrovia per treni ad alta velocità e Lide che si ritrova costretta a lavorare per gli stronzi di turno perché i soldi, da qualche parte, bisogna pure tirarli fuori, senza però che i compromessi divorino la nostra dignità e allora Lide il coraggio per dire le cose come stanno e per farsi chiedere scusa lo trova sempre, anche se questo non servirà a trasformarla negli occhi della figlia in un modello, dal quale imparare qualcosa oppure fuggire definitivamente.

La maternità risulta essere una delle sfide più grandi nella società contemporanea in cui la famiglia tradizionale è andata oramai completamente distrutta. Rimangono i dubbi su quale sia l’alternativa e se ne esistano ancora, insieme all’oscuro timore di non sapere più chi si è messo al mondo. E soprattutto perché. 



 

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