Terrorizers, Wi Ding Ho, 2021

 



Sono ancora i corpi quelli che desiderano e bramano e cercano un contatto. Anche in un mondo, come il nostro e ancor di più in quello di alcune società asiatiche, in cui la virtualità dei rapporti (web chat) e delle esperienze (virtual reality games) si sta facendo sempre più invasiva e preoccupante. E’ la tecnologia che sta trasformando il nostro modo di raggiungere gli altri. Avvicinandoci ad essi e allontanandocene allo stesso tempo. Sistemi comunicativi che in realtà creano barriere invisibili. Guardiamo più lo schermo di un cellulare che le persone che abbiamo davanti. Saranno gli odori ad attrarci di nuovo? Non ci crederei molto, suggerisce qualcuno, vista tutta la merda di profumi che vendono in giro - Accarezziamo di più con le punta delle dita lo screen di un telefono che la pelle di qualcuno che vorremmo sfiorare - Erotismo vibrante, nelle immagini e qualche movimento nelle mutande nel vederle, corpi giovani, chissà se scelti apposta, poi atti di duplice voyeurismo nell’osservare il piacere dato, ricevuto e soprattutto ricercato - La stanza dei massaggi (quanti, quanti ricordi), una donna che riporta un ragazzo alla consapevolezza fisica del tatto, altre stanze, una in cui avvengono sfioramenti saffici fra due ragazze mentre un occhio le spia e un altro le riprende, poi doppie identità pornografiche, poi in un appartamento spoglio, un incontro per foto erotiche, costumi da manga giapponesi, nuovi feticismi, sessualità cartoonizate - Intrecci di storie, di vite, di personaggi e una prolissità narrativa che trascina in una noia visiva (a parte i momenti più espliciti) di apparenti introspezioni giovanili, amori non corrisposti, atti di violenza e instabilità emotiva, perplessità generazionali di una società aliena se non per i suoi punti di contatto consumistici con quella occidentale, una società ingabbiata negli spazi metropolitani come fosse una trappola, ci si continua comunque a cercare, a volere, le regole dell’attrazione sembrano essere definitivamente cambiate ma non quello a cui portano, la mano afferra ciò che l’occhio vuole e quando questo non è possibile è l’occhio ad afferrare ciò che la mano vuole, rimane comunque la masturbazione per sublimare ogni assenza che si traveste  con gli inganni del desiderio.


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