Nowhere, Gregg Araki, 1997

 



Si comincia con una bella sega mattutina sotto la doccia con il montaggio rapido di immagini etero, omo e bdsm alternate a quelle di Dark che ricreano il climax masturbatorio verso un orgasmo negato per l’arrivo di una madre che ha  bisogno del bagno - Ragazzi e ragazze, i primi piani dei loro volti, gli occhi, enormi, i ricordi della giovinezza, di quel periodo, i miei, qui tutti hanno voglia di toccarsi e di scopare e di divertirsi e come dargli torto e allora le feste e le pasticche e le droghe e anche improbabili corsi universitari e la voglia di fare cinema, una videocamera in mano e improvvisi atti di violenza e deviazione sessuale e omicidi e stupri e il sangue che schizza ovunque come fosse pomodoro - Allucinazioni aliene, colori acidi, tante giovani attrici che è una meraviglia guardare (Mena Suvari, Heather Graham, Chiara Mastroianni sadomaso), fascinazioni omosessuali, più Bret Easton Ellis che il Burroughs della tarda maturità, anche l’amore viene a far visita alle porte dell’anima e una giostra di rapporti superficiali che il tempo e l’età renderanno solo una pallida ombra, Gregg Araki gira come fosse in uno stato di esaltazione psichedelica, tutto è eccessivo, colorato, espanso, pronto per questo ad andare in mille frantumi, una colonna sonora stupenda, un vuoto ammaliante, il nulla indossa maschere e vestiti e ha labbra che si assaporano e si cibano le une delle altre, schegge impazzite di un cinema generazionale alterato, posseduto, totalmente bruciato.





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