La terrazza, Ettore Scola, 1980





Lo scrivere. Anzi, il nonscrivere. Quello di Enrico (Jean-Louis Trintignant), in mancanza di idee, bloccato davanti al suo nuovo strumento di lavoro, una sigaretta dopo l’altra, la frustrazione e l’ansia, Emanuela (Milena Vukotic) gli porta un caffè, lui si versa lo zucchero sulle lenti degli occhiali, le telefonate di un produttore (Amedeo, Ugo Tognazzi), Trintignant è in un bagno di sudore, alla cornetta vengono fuori spunti per un film come fossero confessioni di uno psicopatico, Tognazzi se la ride, in piscina, su una poltrona gonfiabile, ascoltando le parole di Enrico, ridere, bisogna ridere, immaginandosi Sordi, su uno yacht, che taglia un cocomero enorme. Lo scrivere. Anzi, il battere le dita sui tasti. Quello che fa Luigi (Marcello Mastroianni), giornalista, alla scrivania, in una redazione. Lo scrivere. E il parlare, prima di farlo. Tizzo (Stefano Satta Flores), che pare indemoniato mentre sbraita di cinema attorno a un tavolino, in mutande e canotta. 

E un gruppo di uomini, ormai maturi, alle prese con le proprie disillusioni, la toccante sequenza di Sergio (Serge Reggiani), che si lascia morire sul set di capitan Fracassa, accanto a un albero, sommerso dalla neve (finta). Dopo aver attraversato i corridoi della Rai che non lo porteranno più da nessuna parte. Un gruppo di uomini, che si raccontano, discutono, ancora si incazzano, a volte, ancora con le loro voglie, desideri, esigenze sessuali, represse, non confessate, mentre le donne passano nelle le loro vite, creando dissidi, lotte, incomprensioni, fratture e nuove frustrazioni. Stefania Sandrelli (Giovanna) che si innamora di un attempato uomo politico del PCI (Mario, Vittorio Gassman), Ombretta Colli alle prese con Tognazzi, i cui piedi nudi sprigionano un erotismo inimmaginabile posati sul tavolo della loro casa, dopo che si è tolta le scarpe, buttandole sul divano, sarà lei a convincere il marito a produrre uno di questi film di nuova generazione (i giovani, si parla dei giovani, chi cazzo sono i giovani?), che dovrebbe colpire lo spettatore, si assiste a una evirazione finale (dove era già successo, in Ferreri?) ma qui è il disgusto sul volto di Tognazzi a dirci come stanno le cose e Scola, con il suo cinema. Poi Carla Gravina (Carla, premiata per la sua interpretazione a Cannes 80), la compagna di Mastroianni, che cammina orgogliosa (e che scarpe, anche lei) sul lungo e difficile percorso dell’emancipazione femminile, donne tutte più giovani, attraenti, attrici meravigliose eppure il centro delle cose è sempre e comunque nell’ottica maschile e in ciò che essa racchiude e desidera che poi è sempre lo stesso, scopare, in una maniera o nell’altra. Nulla di esplicito, certo, tutto velato. Non c’è sesso in nessuna sequenza eppure è la spinta erotica quella che lega questi uomini alle loro donne.

Frammenti di cinema, inserti imprevedibili. Giovane Tognazzi in un peplum movie, il volto di Ingrid Bergman (da Casablanca?), Totò che manda baci e poi finge di cercare, non so che, un gatto, un cane? - La Sora Lella che parla come un intellettuale col fruttarolo sotto casa, Mastroianni che rifa Chaplin con la danza di panini, perché il vero esibizionista quando è solo si esibisce a se stesso, magnifica confessione - Uomini che hanno paura di invecchiare, di rimanere soli, c’è in tutto questo una straziante malinconia, umana, più feroce di qualsiasi illusione artistica o intellettuale.

La terrazza, un impianto teatrale, scenografico, dove si ripete sempre la stessa cena, con i personaggi che si incontrano e parlano, salotti buoni per mangiare una pasta e fagioli, che forse è quello che di migliore possono fare quelle bocche, perché sennò è il riproporre l’elogio del vuoto che la comunicazione cerca di riempire, Scola non risparmia nessuno (e Age&Scarpelli con lui), né il cinema, né chi vi fa parte, né la società, l’intellighenzia, la politica. Privato e pubblico si allacciano nell’intervento di Gassman (Mario) al congresso del PCI, perché compagni (e le compagne dove sono finite?) è la felicità, in sintesi, il diritto più importate dell’uomo (e delle le donne?). La terrazza è un film di parole e volti, quello meraviglioso della Sandrelli mentre riceve il primo bacio da Gassman, vicino al Portico d’Ottavia. Ancora una volta la malinconia è anche nostra, ogni decennio che passa si perde qualcosa, lasciandoci uno spazio sempre più vasto, che non bastano i film a riempire, uno spazio di spettrale vacuità, in cui le persone non sanno neanche più riconoscersi, prendersi, perdersi e amarsi. 

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