Apocalypse Now, Francis Ford Coppola, 1979

 


This is the end, beautiful friend - Esplosioni e fiamme nella giungla, gli occhi del Capitano Willard, sdraiato su un letto sfatto, lenzuola sporche e sudate, il caldo, le veneziane ad una finestra, fuori - Saigon, shit - Le pale di un ventilatore che girano, il rumore di un elicottero (uno specchio in frantumi, il sangue sulla mano) una voce, una storia, una confessione - Una missione da compiere, gli ufficiali seduti ad un tavolo, registrazioni sonore su un nastro, un’altra voce, quella del colonnello Kurtz - I watched a snail crawl along the edge of a straight razor. That's my dream. That's my nightmare - Ogni immagine arriva nella mente come il frammento di un sogno - Flashback della giungla, prima ancora che la barca con Willard ci arrivi, del fiume, dei templi - Quante volte hai visto questo film? Mi domando, prima di accendere la pipa e tirare una lunga boccata d’oppio - Purple Haze - Un trip verso il cuore di tenebra dell’uomo - Non interrompere il flusso della scrittura, risali anche tu nel subconscio, lungo le tappe di questo viaggio lisergico, questa regressione, questa esplorazione, dove i confini diventano labili fra le (inter)zone della follia, della ragione, della follia, della ragione, questo sprofondare nell’abisso della psiche, fino a raggiungere il puro istinto, quello omicida, la perfezione di un gesto - Rituali nella giungla, i colpi dell’ascia, il sangue, i canti, le grida, i colpi dell’ascia, il sangue, i canti, la musica dei Doors, punto di rottura, punto di non ritorno - Flashback del fiume - Ancora musica, Wagner e la cavalcata delle valchirie - Charlie don’t surf - You smell that? Do you smell that? Napalm, son. Nothing else in the world smells like that. I love the smell of napalm in the morning. You know, one time we had a hill bombed, for twelve hours. When it was all over I walked up. We didn't find one of 'em, not one stinkin' dink body. The smell, you know that gasoline smell, the whole hill. Smelled like ... victory - Kilgore che allunga la sua borraccia a un vietcong che si tiene le budella con un pezzo di latta, poi la lascia cadere e raggiunge Lance per fare le presentazioni e parlare di surf - Flashback da una stanza d’albergo - Martin Sheen così sbronzo che spacca uno specchio e la propria immagine riflessa con un pugno - Già, c’è un conflitto nel cuore di ogni uomo - Una guerra - Le lettere, gli incartamenti, i tasselli di una storia personale, di una carriera nell’esercito, quella di Kurtz, che compongono nella mente di Willard un senso d’ammirazione, paura, desidero, attrazione - Ancora risalendo il fiume, le conigliette di playboy, Chef che vuole raccogliere dei mango e si addentra nella foresta pluviale, radici immense, foglie giganti, una tigre, cazzo, una tigre (ricordo quelle viste fra le nuvole o sulle cortecce dopo aver ingerito una discreta quantità di liberty caps sul limitare di un bosco, in Wales) - Lawrence Fishburne che balla sulle note di I can’t set satisfaction degli Stones - Quanti soldati erano poco più che ragazzi? - Lance che prende un acido - I colori che esplodono nella notte, come spari, come fuochi di artificio, le oscene luci di un ponte in un macabro spettacolo della distruzione, trincee di follia, ancora avanti, ancora più a fondo - Vedo frecce volare nell’aria - Un cucciolo di cane nascosto in una cesta, un massacro di innocenti, un colpo di pistola a sangue freddo - What do you call assassins who accuse assassins? - How many people had I already killed? There was those six that I know about for sure. Close enough to blow their last breath in my face - Ancora avanti, ancora più a fondo - Le immagini dei sogni, degli incubi, che riaffiorano, come frammenti di una pellicola del subconscio - Canned heat - L’arrivo silenzioso sull’acqua, quello scivolare, le canoe degli indigeni che si spostano lentamente, ancora i colori come in una esperienza lisergica, impressi nella retina, a ogni visione, a ogni visione, la fervida voce di Dennis Hopper, il suo delirio verbale, allucinanti monologhi, il suo personaggio è un folle arlecchino fuggito via da un carnevale di drughi drogati, poi corpi appesi, teste mozzate, mosche che ronzano, torture, supplizi, la luce, la luce, ciò che svela e le ombre nascondono, la testa rasata di Marlon Brando, l’acqua che gocciola dalla sua mano, la sua voce, i suoi ricordi, momenti di purezza al di là del bene e del male, versi di abominio, poesie di atrocità splendenti - Siamo passati dall’altra parte, abbiamo danzato sul filo della lama di un rasoio, in un’estasi di pulsioni omicide - il volto di Martin Sheen che emerge dall’acqua - Gli ultimi istanti di una cerimonia, di un rituale che trasformi l’inconscio collettivo, la giungla, un uomo che recita poemi fra le rovine del mondo, una sublime consapevolezza, la più spaventosa di tutte.

L’orrore.

L’orrore.

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