Scarlet Street, Fritz Lang, 1945

 



È un percorso di sottomissione, quello compiuto da Christopher Cross (Edward G. Robinson) verso la giovane prostituta Kitty (Joan Bennet), che culminerà in un apice di puro feticismo, ovvero il momento in cui lei le offrirà un piede per farsi dipingere le unghie. Quello sarà infatti il capolavoro dell’uomo, quel contatto fisico che sposterà la sua arte dall’immaginazione alla realtà. Chris, che di lavoro fa il cassiere in una banca, ha una passione parallela, quella della pittura. I suoi quadri, però, come lui stesso ammette, mancano di prospettiva. Nel senso che ciò che viene dipinto è una rappresentazione del reale che poco ha a che fare con l’oggetto originale. E così è anche la maniera in cui egli vede la giovane Kitty, che palesemente non fa altro che ingannarlo per farlo cadere ai suoi voleri. Già nel rapporto con la propria moglie l’attempato signore appare succube di ciò che lei dice, denigrato e ridicolizzato (indossa un grembiule quando svolge i lavori domestici) e totalmente incapace di ribellarsi ad essa. Su questo sottotesto appartenente al mondo del bdsm Fritz Lang costruisce poi un meraviglioso ed elegante noir, diretto con grande raffinatezza formale e tecnica, con una attenzione per l’uso espressivo delle luci e delle ombre e con un’abilità nel suggerire e mostrare un erotismo così sottile e vibrante. La figura della femme fatale, cara a molto cinema di quegli anni, trova qui una splendida interprete in Joan Bennet, il cui abbigliamento rimanda a sublimi forme di feticismo dal gusto retrò, oggi sfortunatamente quasi scomparse. Il gioco della seduzione è perfetto, negli sguardi, nell’arte dello sfiorare, nel tentare, nel suggerire, nel concedersi e nel negarsi. La ragazza è infatti disgustata quando viene baciata da Mr. Cross o ride sadicamente, umiliandolo, quando lui le confessa i suoi sentimenti. L’epilogo non potrà che essere drammatico, ma non è questo che risalta come chiusura della vicenda, quanto la maniera in cui Lang costruisce la nascita di una ossessione nella mente del protagonista, con voci che immaginiamo fuori campo e invece presenti nella sua testa, in un delirio quasi alla Edgar Allan Poe che diverrà poi una porta verso la totale miseria dell’uomo. Adesso che l’umiliazione è stata interiorizzata e il ricordo degli amanti morti lo perseguiterà per sempre, la sua sottomissione a Kitty è finalmente totale. La giovane donna è ora dentro la sua mente (oltre che nel cuore) e lo tormenterà per il resto dei suoi giorni. Divenuta la sua padrona in quel luogo in cui fra i desideri dell’inconscio e quelli della carne non vi è più differenza, in una follia così reale da essere vera.


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