Cruising, William Friedkin, 1980

 


Cruising è una torbida discesa che ci trascina oltre le dinamiche della violenza omicida per farci penetrare all’interno dei locali SM per omosessuali, dove piacere e dolore hanno un loro codice, un loro lessico e una loro estetica. Il colore predominante dei vestiti è il nero, anche se ci sono delle bandane di altri colori, che una volta indossate acquisiscono un loro preciso significato, come spiega l’addetto di un sexy shop a uno spaesato Steve Burns (Al Pacino), che cerca di fare chiarezza in ciò che vede e soprattutto in ciò che prova - Leather, pelle e cuoio, per giacche e pantaloni. Copricapi in stile gestapo, occhiali a specchio, manette, bracciali e borchie - E poi una sessualità che trova la propria espressione attraverso le pratiche più disparate, dal fisting al bondage, passando attraverso le umide gioie dei water games. Anche Robert Mapplethorpe era entrato in  questo mondo e lo aveva ritratto lasciandoci delle fotografie ancora oggi alquanto sconvolgenti. E’ forse questa incursione in un universo underground totalmente maschile la parte più intrigante del film, perché ci lascia indifesi a spiare una dimensione poco conosciuta, in cui si ha paura ad entrare perché al di fuori dei normali parametri di giudizio morale e di comprensione. La stessa prova di Al Pacino sembra limitata da questa distanza o forse è proprio nell’interzona in cui l’attore sprofonda che risiede il luogo misterioso in cui riesce a scoprire le caratteristiche del suo personaggio, attratto e atterrito dall’ambiente nel quale deve infiltrarsi, fino al punto in cui la sua stessa psiche e libido ne verranno alterate. In una sequenza lo vediamo sotto gli effetti di una qualche sostanza (forse popper, forse speed) mentre balla e la sua percezione è distorta e intorno a lui proseguono quelle dinamiche, molte delle quali di tipo bdsm, che avvicinano e legano degli uomini fra di loro. Magari è solo per il gusto del proibito o per quello di fare parte di un segmento borderline della società, che esiste unicamente in alcuni luoghi, di notte, nella trasgressione erotica ed etica delle convenzioni sociali.

William Friedkin costruisce dentro e intorno a questo oscuro scenario un plot dalle tinte thriller, con un assassino che pugnala le sue vittime, le cui caratteristiche fisiche ricordano quelle dell’agente Steve Burns, che verrà scelto proprio per questo motivo. Nel ruolo del suo superiore, lo scorsesiano Paul Sorvino. Sarà forse a causa dei tagli (il corpo film viene mutilato come quello,delle vittime) che vennero fatti per evitare la censura, ma alcuni salti narrativi e alcune ellissi temporali sono troppo vistosi e incongrui, lasciando così cicatrici nel tessuto della trama, che contribuiscono però a dare un’alone ancora più maledetto all’intera pellicola.



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