Vultures (Havoc Version), Jon Rafman, 2023

 



Visioni apocalittiche del nuovo millennio, flusso ipnotico, aberrante, distopico, straniante creato da una AI sotto l’effetto di sperimentali sostanze psicotrope (somministrate dall’artista Jon Rafman). Costante morphing di bizzarre figure, sgranate e grottesche, che si muovono, a bassa definizione, nelle immagini, come all’interno di una disturbante sequenza onirica, animali e esseri incappucciati, gang e armi, estetica sadomaso e deriva da dungeon dannato, elettronica rielaborazione delle raffigurazioni infernali di Bosch e Brueghel, nella deformità della specie e nella sua aberrante e indemoniata alterazione. Primitiva e feticistica ipotesi di un’altra realtà futura formulata da renderizzazioni randagie, contraffatte e autonome - Saranno le macchine e la loro immaginazione digitale e deviata a creare gli scenari cinematografici del domani? Ci ritroveremo sul bordo dell’abisso, sui limiti dello schermo, senza osare chiederci cosa si nasconda nel fuoricampo? Probabilmente gli esseri e le sventurate creature di questo video, una popolazione fluida e in costante trasformazione che dimora e divora una psiche malata, una processione di macabre entità che svuotano di senso la nostra memoria, per colmarla di innominabile angoscia e sinistra rivelazione. Profeti armati e violenti, manifestazioni animalesche di impulsi distruttivi, crolli di palazzi, scontri automobilistici, bianche polveri alchemiche, segmenti agonizzanti di catastrofi vicine e lontane, lo sciogliersi del sole, l’avvento di tumultuose tempeste, sembra non esserci cuore in questo distaccato mosaico di frammenti impazziti e se ci fosse una mente sarebbe aliena a tutto quello che conosciamo e giocherebbe per il proprio delittuoso diletto ad alterare e rimodellare i simulacri umani secondo logiche ignote e sgomente. Turbini vorticosi di turbamenti nefasti, i segnali di una profezia che nessuno vorrebbe che si avverasse, oltre l’umano cosa risiederà? Nuove divinità senza carne, il mondo dell’idea senza matrice, l’assoluta libertà di percepire e creare senza alcuna restrizione dei sensi, l’aprirsi di un baratro e lo sprofondarci dentro. 

Il sonno della ragione (artificiale) nell’impellente bisogno di generare i suoi mostri.






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