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Visualizzazione dei post da aprile, 2022

Storie di ordinaria follia, Marco Ferreri, 1981

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  Storie di ordinaria follia non è un film su Bukowski, è ispirato da alcuni racconti presenti nell’omonimo libro ed ha un personaggio interpretato da Ben Gazzarra che assomiglia nei modi allo scrittore americano. Detto questo si può vedere la pellicola senza il bisogno di fare paragoni con il vecchio Hank, sarebbe ingiusto per lui, per Gazzarra e per Ferreri. Stile. Il regista ci porta in quelle strade e in quella vita così tante volte descritte da Bukowski, una galleria di perdenti, ubriaconi, disoccupati, papponi, donne pazze, miserabili e derelitti. Dove forse risiede l’essenza stessa dell’esistenza contemporanea, non sporcata dalle ipocrisie del Sogno Americano. Charles Serking (Ben Gazzarra) partecipa a reading, va nei bar, tenta di rimorchiare una donna alla fermata di un autobus, si ubriaca, segue i suoi istinti sessuali perché sa bene che sono gli unici istinti reali, gli altri sono tutte delle finzioni: il successo, il denaro, la fama, il potere. Anche se a volte sono quest’u

Paradise:Faith, Ulrich Seidl, 2012

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Che masochismo e cristianesimo siano in un qualche modo uniti (o forse siano la stessa cosa) è fuori da ogni dubbio. Ci sono dipinti e affreschi e quadri a testimoniarlo. E storie. La flagellazione e la croce (esperienze sublimi in uno scenario bdsm), la corona di spine e tutta la passione, per farla breve. Un pò meno scontato è pensare al piacere che il dolore può portare con sé. Ci è stato detto che la sofferenza della carne ci eleva e ci fa trascendere e ci avvicina a Dio e su questo niente da dire, provato personalmente. E se i santi avessero seguito la strada del martirio corporeo per raggiungere un godimento fisico, un’estasi dei sensi estrema e attraverso quella arrivare a Dio? Nostro Signore Gesù Cristo, in primis? E’ una domanda che mi sono sempre posto. Il film si apre con una donna che si frusta nella riservatezza della sua camera. Davanti ad un crocefisso, con il quale in seguito si masturberà. Ci sono immagini abbastanza kitsch del Salvatore, per la casa, con le quali ell

Paradise:Love, Ulrich Seidl, 2012

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Un gruppo di idioti (per citare Von Trier) si diverte su delle macchine a scontro. Una donna li osserva, poi torna a casa. Dentro cubicoli dalle apparenze di una stanza da letto, di un bagno, di una cucina. La donna parla con la figlia, poi prepara le valigie. Poi parte per il Kenya. Piani fissi della macchina da presa e composizioni geometriche di interni ed esterni a comporre l’idea di regia di Ulrich Seidl, lo spazio filmico è circoscritto, chiuso, deliberatamente scelto e mostrato. Poi il paradiso. Le spiagge e il mare e i corpi svaccati e sfatti di mature signore austriache e tedesche. Sono lì per provare le gioie e il brivido del turismo sessuale. Giovani ragazzi africani sciamano come mosche intorno a loro, sia per vendere qualche cianfrusaglia, sia per diventare oggetto del loro piacere. L’avvicinarsi fra le due culture, quella africana e quella europea, avviene su un piano strettamente fisico. Le donne ricercano forme di godimento che sperano possano superare la mera presenza

Todo Modo, Elio Petri, 1976

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  Todo modo comincia con una epidemia, profetica intuizione. Poi si entra nell’albergo/eremo di Zafer e nei sotterranei della psiche e delle logiche di chi comanda ed è asservito a Dio. Un incipit del tutto assente nel romanzo di Leonardo Sciascia, il cui protagonista e narratore, un pittore (scomparso nella pellicola di Petri), arrivava all’albergo quasi per caso, durante un suo girovagare automobilistico. E dell’opera dello scrittore siciliano rimangono il plot, alcuni personaggi e il sottotesto quasi metafisico (in assenza di moventi reali per le uccisioni che seguiranno) delle dinamiche interne di una classe politica evasiva, fuggente e calcolatrice (quella democristiana) mentre si perde il gusto intellettuale e citazionista del dialogo (sopratutto fra il pittore/narratore e Don Gaetano) e quell’abilità affabulatoria presente nei meandri della parola scritta. Un gruppo di uomini importanti (politici, ministri, segretari, banchieri, industriali) si ritrova nell’albergo/eremo di Zaf

Lucy, Luc Besson, 2014

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Sostanza interessante questo CPH4, in grani di colore bluastro, probabilmente solubile, di potenza strabiliante. Dosaggi non specificati. L’effetto come droga ricreativa da immettere sul mercato non è chiaro, ma quello che produce nel corpo e nella mente di Lucy (Scarlett Johansson, amata in Lost in Translation) è a dir poco stupefacente. Alla giovane ragazza vengono totalmente aperte le porte della percezione, con la possibilità di arrivare al centopercento dell’uso delle proprie capacità mentali (ci si chiede invece quante delle sue ne abbia usate Luc Besson per realizzare questo film). Alcuni effetti visivi della sostanza sembrano simili a quelli dell’acido lisergico (Lucy in the Sky with Diamonds) e della psilocibina, come vedere la linfa scorrere negli alberi, ad esempio. Altri paralleli possono essere fatti con la capacità di sentire che le sostanze psichedeliche sopra citate danno la possibilità di sperimentare direttamente a chi ne fa uso, come ritornare nell’utero materno o ri