Strappare lungo i bordi, Zerocalcare, 2021

 


Forse uno dei ritratti generazionali, per chi sta sui quaranta o li ha superati, più belli, toccanti, sinceri e divertenti visti negli ultimi anni, non so da quanto tempo non sentivo quella cosa chiamata immedesimazione, nei ricordi di quando ero ragazzo, nel modo di parlare, nei posti di Roma, c’è un’eterna anima adolescente nel personaggio di Zero, per l’ininterrotta confusione interiore, quell’inestinguibile discorso con sé stessi, con le proprie emozioni, per l’inadeguatezza ad esprimersi e ad esternarsi, per la ribellione incondizionata verso il mondo, Zerocalcare realizza qualcosa di veramente, veramente originale, perché non ci sono filtri, non ci sono trucchi, qui c’è un autore a cui viene data una libertà espressiva totale e lui la sfrutta fino alla fine, facendoti ridere, tanto e piangere, a tratti, facendoci ricordare di quanto ci abbiano fregati fin da subito e che il posto che ci era stato promesso in questa società non esiste a meno di non continuare  a fingere e fingere e fingere, è da ammirare l’onestà del racconto, quella di metterci la propria faccia e di farlo senza remore, questa serie è unica perché ha come referente assoluto il mondo interiore di un creatore di disegni, di un demiurgo anarchico venuto fuori da centri sociali e dalle loro utopie, certo, ci sono le influenze, i rimandi, i richiami, ma tutto si amalgama in una maniera così imprevedibile e genuinamente irriverente che lascia stupiti il risultato finale, poi il soliloquio, la paranoia, il tormento solipsistico si fanno stile ed etica, lo sproloquio romano diventa un meraviglioso ed efficace attrezzo per scardinare l’ipocrisia di un linguaggio odierno omologato e stantio - Strappare lungo i bordi, farlo con cautela, farlo con dolcezza, farlo con violenza, perché sia il vuoto lasciato dalla nostra persona, dalla nostra figura, quello che faccia più male. 


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