La via della droga, Enzo G. Castellari, 1977



Il buon vecchio traffico di stupefacenti di una volta (eroina, in questo caso). Nascosta nelle valige, nei cappotti, nei peluche. Ce n’avevano di fantasia i corrieri. La via della droga. Cartagena, Hong Kong, Amsterdam (mancavo da parecchio dai suoi coffeshop e dalle vetrine del Red Light District), New York, Roma. La droga è una via?

Un poveraccio si ritrova costretto a vendere alcune dosi di eroina fuori da una scuola (i nuovi consumatori di solito si agganciano con dosi gratuite, poi quando la scimmia sale sulla schiena tocca pagare) e lo fa non perché gli piaccia quanto perché gli è necessario per avere la sua di dose. Questo era il meccanismo quando finivi nella rota e non avevi soldi per pagarti la roba. O rubavi o ti mettevi a spacciare (o facevi marchette o ti prostituivi, a seconda dei gusti sessuali). Naturalmente i soldi non li fanno mai gli spacciatori di strada ma i grandi distributori, come in tutti i commerci, del resto. Ci sono alcuni genitori fuori dalla scuola che beccano il tipo durante uno scambio bustina-grana, lo acchiappano e lo corcano di botte, poi chiamano le guardie e il passaggio seguente è scontato: la gattabuia. Nella cella al tipo gli prende una crisi d’astinenza, poverocristo e cerca aiuto e conforto nell’altra persona che condivide questo momento con lui. Tu che m'ascolti insegnami/ un’alfabeto che sia/ differente da quello/ della mia vigliaccheria - cantava De André. Purtroppo nella cella c’è Fabio Testi, protagonista del film, fustacchione nel pieno della sua prestanza fisica, improbabile non tanto nel ruolo che interpreta quanto nel mestiere di attore, che se ne esce con una massima del genere tossici e troie sono uguali, ti raccontano sempre la loro storia. Addio poesia. Però Fabio in uno dei suoi lerci stivaloni di camoscio che non si toglie per l’intera durata della pellicola ha una sorpresa per il nostro amico drogato. Dal tacco semimovibile tira fuori tutto il necessaire per farsi uno schizzo d’emergenza.

C’è una scena lesbo da qualche parte nel plot, giusto per far vedere un pò di ciccia e perché la disgraziata che si prostituisce aveva bisogno di soldi, c’è David Hemmings che almeno sa recitare e ha partecipato a film come Blow Up e Profondo Rosso e Squadra Antitruffa, Hemmings ha qualcosa di molto simpatico nella sua persona, forse quell’aplomb inglese che tanto contrasta con la rudezza romana (soprattutto in coppia con Tomas Milian), c’è la musica dei Goblin, che incalza veloce e aggressiva, spaziando dal funk, al progressive, allo psychedelic blues, ci sono tante faccebrutte, giuste per i volti dei delinquenti locali che a suon di schiaffi, pugni e valanghe di insulti dialettali mandano avanti come possono il loro business

Brutta bestia l’eroina, anche se la si sceglie coscientemente. Se ci rimani incastrato per qualsiasi ragione te l’abbia portata nelle vene, l’esistenza può diventare un calvario. La tua e di chi hai intorno. Qui l’eroina è trattata per quello che è, senza romanticismi di alcun tipo. Pura e semplice merce, una delle migliori in passato, piccole quantità, prezzi alti e la cosa più importante di tutte. Il bisogno. La dipendenza del consumatore. Quale è stato il sogno del capitalismo se non quello di avere un prodotto di cui non si possa farne a meno sennò uno si sente male? Provate adesso a togliere uno smartphone a un adolescente o a un adulto, di punto in bianco,  dopo mesi che lo usa, quanto tempo credete che resisterà prima di mettersi a urlare? Almeno dalla roba una via d’uscita alcuni l’avevano trovata.


 

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