Una lucertola con la pelle di donna, Lucio Fulci, 1971

 



Sogni ad alto tasso di erotismo femminile, con i magnetici e sensuali corpi di Florinda Bolkan e Anita Strindberg che si attraggono in sequenze di seduzione reciproca, stivali e pellicce e un vento invisibile che ne magnifica la fluidità dei capelli e quella dei sensi - Raccapriccianti apparizioni dalle stanze della vivisezione, cani squartati che ancora si muovono, i tubi nelle viscere pieni di sangue, effetti speciali di Carlo Rambaldi - Le esperienze oniriche come tentativo di liberazione, le didascaliche spiegazioni psicoanalitiche, le tentazioni orgiastiche, due voyeur, due hippy on acid, le ricostruzioni del subconscio, quelle visionarie di una mente omicida, di una regia che pensa in immagini, spezzando le catene della ragione, affinché il delirio sia potenza espressiva e il cinema la sua manifestazione - Quadri di Francis Bacon sulle pareti di una stanza e nella loro rielaborazione figurativa tramite i volti dipinti di alcuni attori, le sbarre gialle di una gabbia (il titolo che avrebbe voluto Fulci) intorno a un letto - Allucinazioni progressive, quando le sostanze psichedeliche iniziano a fare effetto e la macchina da presa ne ricrea la percezione alterata, con movimenti improvvisi e primi piani veloci, un montaggio serrato che frammenta lo spazio filmico in un mosaico psicotico e personale, poi alcuni grandiosi esterni/interni/londinesi, Alexandra Palace, dove la Bolkan viene inseguita da un sicario e attaccata da un gruppo di pipistrelli (scena che impressionò anche Mario Bava) - Estremismi visivi e collassi della narrazione, cromatismi accesi e violenti, forme di donne ed epidermidi marchiate nello sguardo, farneticazioni verbali di logiche inadeguate, percorsi proibiti, varcando la soglia ed entrando nel mondo altro, oltre lo specchio, che del cinema racchiude l’essenza e il mistero. 


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